Pianta on the road: la cistanche tubulosa, giallo limone, colonizza spesso i bordi delle strade e cresce anche sulla sabbia di Capo Verde. Bella, ma parassitaria, non contiene clorofilla e per nutrirsi ruba la linfa alle altre piante.
Questa è una storia di vento. Di sole e di vento, che insieme danno vita ad un arcipelago indecorosamente bello. E ostile. Perché è una terra arida, priva di risorse minerali, dove non cresce nulla, o quasi. Dalla sua ha un mare pulito e pescoso, di un blu che si fonde con il cielo. Benvenuti a Capo Verde che, chiariamo subito il malinteso, verde non è (o, almeno, poco e solo in luoghi e periodi circoscritti, durante la stagione umida). Il Paese è un arcipelago composto da 10 isole di origine vulcanica, molto diverse le une dalle altre. Con una costante: lottano tutte contro i capricci del vento e devono far fronte ad un ambiente vulnerabile a causa della desertificazione e della secca. Sono terre dimenticate in mezzo all’Oceano Atlantico, ad una latitudine inconsueta tra il Tropico del Cancro e l’Equatore, a circa 500 chilometri dalle coste senegalesi. Isole che vennero popolate tardivamente, mica per caso. Eppure, i capoverdiani restano lì. O meglio, emigrano: nel resto del mondo ve ne sono molti di più che in patria (500.000 abitanti a Capo Verde e quasi il doppio all’estero). Ma poi tornano, in un continuo andirivieni. Perché mar fa rima con amar e penar, come ricorda il poeta nazionale Eugénio Tavares. Troppo intensa la sodade, quello struggimento cantato con dolcezza e tormento da Cesária Évora, la diva a piedi nudi che ha portato la morna – musica nazionale di Capo Verde – nel mondo.

Una spiaggia dell’isola di Sal, a Capo Verde. © oltreilbalcone
Il cuore meticcio di Capo Verde
Il nome ‘Capo Verde’ deriva da un verdeggiante promontorio senegalese che, dal continente, sembra indicare l’arcipelago. Le sue isole vennero scoperte nella seconda metà del Quattrocento da Diogo Gomes, Alberto da Noli e Diogo Afonso, per conto della corona portoghese. Presto divennero una tappa strategica nel commercio degli schiavi africani. E un approdo. Di pirati, esiliati dall’Europa, pescatori wolof, vinti di tutte le guerre di religione. E ancora, portoghesi, inglesi, olandesi, subsariani, ebrei, italiani, cinesi. Un’eterogeneità, ancora oggi riscontrabile nei volti delle persone, che si è fusa andando a costituire un popolo, una singolare tradizione culturale ed un ardito senso di appartenenza a questa terra. È un’Africa diversa. Un mondo a parte. Dove regna la pace, perché non c’è nulla da conquistare.

Un bambino capoverdiano. © oltreilbalcone
Quando andare e Cucina
Non fatevi spaventare da quella che viene chiamata ‘stagione delle piogge’ – che va da agosto a novembre – perché se proprio scende acqua dal cielo, lo fa al massimo per un’ora. Quindi, è sempre un buon momento per andare a Capo Verde. Il vento soffia soprattutto da gennaio ad aprile e, nella stagione umida, alcune zone dell’arcipelago diventano insolitamente verdi.
Nel corso dell’anno ci sono molteplici feste popolari e religiose che invocano la pioggia (purtroppo con scarsi risultati). Più spesso scorre il grogue, distillato locale ottenuto dalla lavorazione della canna da zucchero (Tropicana è il brand più diffuso, ma ci sono anche ottime produzioni indipendenti), che potete abbinare ad una buona cachupa, piatto tradizionale a base di mais, fagioli, tuberi e ortaggi vari, carne di maiale e pesce, con varianti arricchite con stomaco di capra.

Una produzione locale di grogue, proveniente dall’isola di Santo Antão. © oltreilbalcone
I pesci non mancano: potete abbuffarvi di tonno e aragosta o assaggiare i prelibati percebes, crostacei che in Europa si trovano solo in Galizia, nel nord-ovest della Spagna, o in Portogallo. Da provare la murena fritta con il peperoncino ed il buzio, una conchiglia che ospita un mollusco molto apprezzato, cotto al forno o gustato in insalata (alcune spiagge sono costellate dai suoi frammenti). Per i vegetariani, qualche verdura e tubero d’importazione, come carote e patate. E tanto riso. Ma la bellezza del paesaggio ricompensa e, ogni tanto, la semplicità può far piacere. Per l’aperitivo bevete una Strela, la birra locale o sorseggiate un pontche, a base di grogue, unito a miele, limone ed altri aromi, dal tamarindo al maracuja.

Una donna capoverdiana trasporta del pesce: la pesca è tra le principali attività economiche del Paese. © oltreilbalcone
Le Isole Sopravento
Gli schieramenti sono due: Sopravento (Ilhas do Barlavento) e Sottovento (Ilhas do Sotavento). Tra le prime – collocate a nord -, partendo da ovest ci sono Santo Antão, dominata da verdi (qui sì!) montagne, ideali per il trekking e São Vicente, terra natale di Cesária Évora e capitale culturale del Paese, il cui centro abitato principale è Mindelo, molto vivace anche la sera. È qui che potete ascoltare le vibrazioni musicali tipiche del Paese: la malinconica morna, punto di incontro tra blues e fado, scandita da violini, piano, cavaquinho, chitarra e clarinetto, con trascinanti testi in creolo che parlano di partenze e ritorni, di un amore per la propria terra che la lontananza non riesce a scalfire. Ma non si vive di sola morna, come dimostrano la coladeira, il suo contrappunto musicale, velocissima e spumeggiante e i ritmi vivaci del batuko e del funanà, danza della trance e del sudore (batuko e del funanà sono però originarie di Santiago). Dalla vivace São Vicente, che vanta anche uno dei carnevali più colorati al mondo, alla disabitata Santa Luzia, sino a São Nicolau, un paradiso naturalistico costituito prevalentemente da coste rocciose, mentre in mare abita una nutrita popolazione di marlin, scenografico pesce dalla pinna dorsale acciaio e viola. E poi ci sono Sal (leggi l’articolo dedicato), l’isola del sale, la più piatta, dove si concentra il turismo e la selvaggia e suggestiva Boa Vista (leggi l’articolo dedicato).

Kite Beach, una delle spiagge dell’isola di Sal. © oltreilbalcone
Le Isole Sottovento
Nella parte meridionale dell’arcipelago, sempre partendo da ovest ci sono Brava, la più piccola tra quelle abitate, dove il clima umido ha favorito una vegetazione rigogliosa, tanto che viene chiamata “isola dei fiori” e Fogo, che vanta la vetta più alta: si tratta di un vulcano attivo, che ciclicamente erutta, distruggendo tutto ciò che ha intorno (l’ultimo episodio nel 2014). Ma gli abitanti sono testardi e, a ogni disastro, fa sempre seguito una ricostruzione. Quest’isola vanta anche un caffè rinomato e una produzione vinicola, un’idea vincente di un prete missionario italiano, da cui è nata una cooperativa agricola, i Viticultores de Chã das caldeiras che grazie ad un progetto internazionale, in un paesaggio lunare, danno vita ad un buon vino bianco, un rosso e, più recentemente, un rosé. Ad est, ci sono l’isola di Santiago, la più africana (si nota anche dai tratti somatici delle persone), che ospita la capitale, la cui Città Vecchia è stata eletta Patrimonio dell’Umanità; e Maio, con la più grande area forestale dell’arcipelago.

Il caffè dell’isola di Fogo. © oltreilbalcone
Come raggiungere Capo Verde e spostarsi tra le isole
Dall’Italia le compagnie che volano nell’arcipelago sono Neos e Meridiana, con voli diretti, e Tap, con scalo a Lisbona (gli aeroporti internazionali sono a Sal, Boa Vista, São Vicente e Santiago). Internamente, tra le isole, ci si può spostare quasi ovunque in aereo, grazie a due uniche compagnie aeree: quella di bandiera, la TACV e, recentemente, Binter (Sal – Boa Vista è la tratta più economica, circa 30 euro solo andata; per le altre calcolate 100 euro a spostamento). Le uniche isole a non avere un aeroporto sono Brava e Santo Antão (quest’ultima in realtà lo avrebbe, ma è inattivo): per raggiungerle, l’unico modo è il traghetto e le acque dell’Atlantico possono essere agitate (da São Vicente a Santo Antão il percorso è solitamente tranquillo, circa 50 minuti di navigazione, con partenze tre volte al dì). Se preferite appoggiarvi ad un operatore turistico per organizzare il viaggio, il più qualificato è CaboVerdeTime: dedicato alla destinazione da oltre 20 anni, crea itinerari ad hoc tra le isole.

Un esemplare della pianta cistanche tubulosa, molto frequente a Capo Verde. © oltreilbalcone
Se devo essere onesta, è Capo Verde che mi è venuto a cercare. Talvolta, le cose belle semplicemente accadono. Dal primo momento in cui ho messo piede nell’arcipelago, ho sentito un’energia speciale. Ho divorato alcuni libri dedicati alla destinazione (ve li consiglio sotto nel box!) perché, forse più che altrove, avevo sete di capire, scoprire, conoscere. Entrare nel tessuto di un popolo che ha fatto della diversità la sua principale ricchezza, persone differenti che si sono ritrovate per svariate ragioni a convivere in un posto estremo, ritroso alle facili morbidezze del paesaggio, e hanno creato un’identità, una nuova realtà non riconducibile ad altro. E qui, in questo paradiso amaro battuto dai venti, ho trovato scampoli di felicità.
DRITTE TAKE AWAY
Libri sul comodino
§ “Capo Verde, un luogo a parte” di Marco Boccito (Exòrma Edizioni)
§ “Isole della Sodade” di Orietta Mori (EDT Edizioni)
§ “Tornare a Sal” di Barbara Cerquetti (Edizioni Oceano Azul)
SCOPRI ANCHE…
→ L’isola di Sal (leggi l’articolo)
→ L’isola di Boa Vista (leggi l’articolo)

Una donna capoverdiana, davanti al mare. © oltreilbalcone
[Un ringraziamento speciale ad AT Comunicazione, che mi ha portato a conoscere per la prima volta Capo Verde].
8 Comments
rossana
Gennaio 27, 2017 at 12:18 pmFoto bellissime e leggendo viene proprio il desiderio di partire per visitare queste isole stupende..
Corinna Agostoni
Gennaio 27, 2017 at 5:44 pmGrazie!! È un arcipelago ricco di storia e passione 🙂
Bruna Volpi
Gennaio 31, 2017 at 2:54 pmVado a Sal da 10 anni ormai, per andare a trovare un grande pezzzo della mia famigli. È proprio così come racconti. È la sodade che resta ogni volta che vengo via nonostante le ovvie difficoltà del posto. Il vento a volte è esagerato per me che non faccio sport ma il sole, i colori e il vero originale popolo è qualcosa che ti resta dentro, nonostante la miseria che si nota!
Manca, manca sempre ❤
Corinna Agostoni
Gennaio 31, 2017 at 6:24 pmTi capisco! Dopo che hai visto e vissuto Capo Verde, una volta partiti, poi manca… sodade… 🙂
Giorgina Zucconi
Gennaio 31, 2017 at 8:56 pmIo ho mia figlia che con marito e figli, vive e lavora a Sal. Quindi sudare doppia e tripla quando ne sono lontana. Ma prima o poi …
Corinna Agostoni
Febbraio 1, 2017 at 10:33 amVivere la lontananza degli affetti più cari non è affatto semplice. A Sal ho incontrato molti italiani che, alcuni da ormai molti anni, vivono lì. Ci sono pro e contro naturalmente, come in tutti i luoghi del mondo, però tutte le persone che ho incontrato mi sembravano contente della scelta fatta. Diciamo che tu hai una forte ragione in più per tornare a Capo Verde. ❤
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