“La vita è troppo breve per bere vini mediocri” (Goethe).
Il Palazzo del Ghiaccio è per me un luogo speciale a Milano.
Da piccola venivo qui, in via Piranesi, tre volte alla settimana per allenarmi, con i miei sciccosi pattini, bianchi come la neve. Da qualche anno, lo spazio è stato riconvertito, ma ha mantenuto il nome e la sua struttura in stile liberty, splendidamente ristrutturata, mantenendo la sagoma della pista da pattinaggio. Se è triste veder trasformarsi luoghi a cui siamo affezionati, fa piacere che, in qualche modo, ne rimanga una traccia.
Attualmente il Palazzo del Ghiaccio accoglie diversi eventi e, proprio in questi giorni, ospita Live Wine, il Salone Internazionale del Vino Artigianale (la kermesse si concluderà lunedì 23 febbraio 2015). Un appuntamento nato dalla collaborazione tra Vignaioli-Vins de Vignerons e l’Associazione Italiana Sommelier Lombardia, una bella occasione per incontrare oltre 100 vignaioli, italiani ed europei, che lavorano in modo consapevole e sostenibile. I vini in degustazione provengono da vitigni non trattati con prodotti chimici di sintesi e da un’uva vendemmiata manualmente.
Proprio sotto casa ho la fortuna di avere un’enoteca, Vinoir, che negli ultimi due anni mi ha permesso di conoscere deliziose etichette di vini naturali e biologici. E mi ha insegnato che ogni vino racchiude una storia. Live Wine permette di scoprire cantine che fanno del rispetto della terra la loro filosofia. E dietro le cantine ci sono le persone, vignaioli artigiani che seguono personalmente l’intero ciclo produttivo, dal grappolo alla bottiglia. Mettendo se stessi nel loro vino.
Incontro il signor Fulvio Bressan che in Friuli Venezia Giulia, a Farra d’Isonzo (Gorizia), dà vita ad un Pinot Nero in purezza che profuma di cappero e un pimpante schioppettino – un uvaggio storico autoctono friulano (anche conosciuto come Ribolla nera) – dal color rubino, che in bocca sprigiona sentori di pepe e mirtilli. “Lo scopo dei vini è regalare emozioni. Altrimenti conviene bere l’acqua, che costa meno. Se devo rischiare la patente, meglio farlo per un buon motivo“. Fulvio sa il fatto suo e non ha mezzi termini. È ruspante, dirompente. Gentile, a suo modo. Ci tiene a raccontare il proprio mondo.
Mentre assaggio il suo Verduzzo, mi esorta a non mettere i vini in frigorifero. “Quello è il posto per la coca cola“. Il presupposto è che, bevuti a temperatura ambiente, vengono alla luce con più nitidezza i profumi. Onestamente per i bianchi non riesco ancora a spingermi a tanto, ma mi prometto di non berli più ghiacciati.
Approdo in Francia, dove faccio un’ottima degustazione di 4 Champagne della cantina Fleury, i cui vigneti si trovano a sud della celeberrima regione, nella Côte des Bar. Una signora, garbata e raffinata, mi racconta di questa piccola realtà biodinamica.
L’azienda si tramanda di generazione in generazione dal 1929 e, dagli anni ’90, si sono convertiti a metodologie di coltivazioni naturali. La Sonate Numero 9 (100% pinot nero) è la mia preferita. Madame mi guarda e strizza l’occhio: “per me” sussurra “è come una medicina, tutti i giorni bisognerebbe berne una flûte“.
Le etichette più belle sono quelle di Rietsch – Vins d’Alsace, dove l’apparenza non inganna: il Moscato “Murmure” è intrigante, il Pinot Grigio “Quand le chat n’est pas là” (Quando il gatto non c’è – in etichetta due topini in amore) squisito.
I vini Stemberger (Slovenia) sono una bella scoperta. Vitovska, Zelen, Malvasia… ma il vero capolavoro è il Merlot. Marito e moglie mi raccontano che il loro casale ospita la vite più vecchia del Carso (250anni!). Producono 8.000 bottiglie all’anno, sembrano felici. Lei parla meglio italiano e ci racconta i vini, ma alla prima inesattezza lui – con le sue guanciotte rosse – interviene.
Torno in Italia. In Toscana, da Podere Concori (Lucca), imparo che il vino vive di quello di cui si circonda e in questa zona sono querce, castagni e frassini. Lo Syrah Vigna Piezza proviene dalla vigna più storica dell’azienda ed è particolarmente elegante. Gabriele, il titolare, mi confessa che per lui il vino deve creare convivialità, memoria.
Da Patrick Uccelli (provincia di Bolzano) bevo il Gewurztraminer più bizzarro che io abbia mai assaggiato, il Punto G. Il suo è un vino sentimentale, un’esperienza nuova. Patrick sembra un ragazzo. È sorridente, spensierato, soddisfatto. Il suo piacere pare averlo raggiunto.
Non mancano le quote rosa: Madame Marinella di Corte Sant’Alda (Mezzane di Sotto, Verona), con i suoi estrosi occhiali dalla montatura color confetto, è l’unica in Italia a fare un Amarone BioDinamico (eccezionale!). Lo racconta con orgoglio. Tono pacato, ma carattere deciso. “Fare il vino mi ha reso libera“, chiosa.
Quando esco dal Palazzo del Ghiaccio, ho la sensazione di tornare da un lungo viaggio. Un breve, ma significativo giro del mondo in bottiglia. Vite e profumi si rincorrono nei calici degustati, capaci di raccontare – ognuno a modo suo – storie di vita vissuta. Dove uomo e natura sanno ascoltarsi e si rispettano. Con ottimi risultati.
5 Comments
Massimo
Febbraio 23, 2015 at 8:18 amBravissima! Una bella recensione e alcuni Vini da segnare nel taccuino!
corinnago
Febbraio 23, 2015 at 9:10 amGrazie mille Massimo!
Tom
Febbraio 23, 2015 at 3:57 pmBella recensione!! Sono stato anche io al Live Wine e devo dire che è stata una bellissima esperienza. Io ho scoperto i bianchi di Cantina Margò, in particolare il Fiero Bianco, grechetto in purezza da berne a secchi
corinnago
Febbraio 23, 2015 at 4:14 pmGrazie mille! Cantina Margò purtroppo me la sono persa, c’erano davvero molti espositori, farli tutti era praticamente impossibile. Però provo a chiedere in enoteca, mi hai incuriosito: mi piacerebbe molto provarlo.
Blogger we want you, presente! | oltreilbalcone
Marzo 10, 2016 at 4:42 pm[…] [Prossimo appuntamento: 10 aprile 2016]. Milano da bere. È appena trascorso il week-end dedicato a Live Wine, il Salone Internazionale del Vino Artigianale, dove la natura è nel calice. Ogni anno, […]