Fiore on the road: l’hibiscus “fantasy charm” dello zoo di San Diego.
Salutiamo l’Orange County e partiamo. Destinazione: San Diego. Ci fermiamo sulla strada a Carlsbad (nota grazie a Legoland): è tempo di outlet. Un paio d’ore di shopping sfrenato e siamo nuovamente on the road.
Arrivati a San Diego, ci sistemiamo in una graziosa suite a Point Loma, la penisola che ripara la baia. L’hotel (con giardino di rose variopinte!) è sui Sunset Cliffs, scogliere a picco sul mare che regalano suggestivi tramonti. Lascio aperta la finestra e mi addormento coccolata dallo scrosciare delle onde.
L’indomani visitiamo il vecchio faro, da cui si gode di una vista panoramica della città. Sott’acqua giace la più grande foresta di alghe Kelp del Nord America. La loro presenza è fondamentale per l’ecosistema marino: danno riparo e supporto a pesci, invertebrati e mammiferi.
Attraversiamo un ponte di oltre 3 chilometri per arrivare all’Isola di Coronado dove troneggia il celebre (omonimo) hotel, che fu il set di “A qualcuno piace caldo” con Marilyn Monroe. L’albergo ha accolto star, miliardari e 11 presidenti americani.
Dopo aver fatto un giro sull’ascensore d’epoca fingendomi una cliente ed ammirato un’albero di bouganville gigante, mi gusto soddisfatta un sandwich-gelato da MooTime Creamery, una simpatica gelateria anni ’50.
In macchina ci dirigiamo nel quartiere di La Jolla, elegante località balneare dove, tra borse firmate e auto di lusso, convivono armoniosamente pellicani e foche. Bagnanti e sub chiedono il trasferimento di queste ultime, mentre le associazioni ambientaliste (tifo per loro!) si battono per proteggere l’area come colonia faunistica. È uno dei tratti di costa più belli di San Diego. Faccio una passeggiata in spiaggia e saluto per l’ultima volta il Pacifico.
Ci stabiliamo nel downtown, Gaslamp Quarter, il quartiere storico. Di storico non ha molto, ma è il cuore pulsante della città. Spumeggiante, solare, San Diego è il posto giusto per trascorrere gli ultimi giorni di vacanza senza farsi affliggere dalla tristezza dell’imminente ritorno.
Per l’aperitivo cerchiamo un grattacielo con terrazza. E lo troviamo al RoofTop 600. Gin Tonic ad alta quota con vista panoramica sulla città (gli hotel a 4 o 5 stelle “nascondo” sky bar spettacolari, dove si possono bere ottimi cocktail, senza essere per forza ospiti dell’hotel).
È una notte matrioska, un viaggio nel viaggio. Ci spostiamo a piedi da un locale all’altro, routard instancabili e spensierati. Da “Sevilla“, sotto il cielo stellato di una calle spagnola, ordiniamo tapas, paella e sorseggiamo una sangria che profuma di cannella.
In un club sfizioso, ma senza pretese, assistiamo ad un match di piano: due artisti si sfidano a colpi di canzoni, tra le richieste speciali del pubblico in sala. Un isolato più in là, ci scateniamo in pista ballando musica elettronica…
L’indomani, dopo una tranquilla passeggiata a Litte Italy, raggiungiamo il Balboa Park, un enorme polmone verde all’interno della città ricco di magnolie e jacarande. Al suo interno c’è lo zoo più grande al mondo. Premetto che odio zoo e circhi. Questo però sembra speciale: ha introdotto nuovi modi di ospitare gli animali, rivoluzionando i giardini zoologici. Sono curiosa e gli do una possibilità.
I pro sono che in una sorta di foresta tropicale, tra canyon e passerelle, grazie all’impegno per ricreare gli habitat naturali, di fatto costituisce uno splendido orto botanico. Sono apprezzabili le numerose targhe informative con lo scopo di educare. Apprendo, per esempio, che è meglio evitare cosmetici e biscotti che contengono olio di palma: l’eccessivo sfruttamento è responsabile della decimazione delle foreste indonesiane e di una generazione di oranghi “homeless”. I contro: resta comunque uno zoo. E la spettacolarizzazione degli animali – costretti a vivere una vita intera in mostra, all’interno di uno spazio ridotto, tra le urla dei bambini e le canzoncine dei negozi di souvenir – è detestabile.
Il pomeriggio gironzoliamo tra le vie di downtown. San Diego coinvolge. Dà assuefazione.
Al calare del sole, prendiamo un dirty Martini sulla terrazza del Marriott, al 22esimo piano.
È incredibile quanto questi locali siano così suggestivi, economici (7 dollari un cocktail preparato con sapienza!) e al tempo stesso poco frequentati. Custodisco un segreto in un luogo appena conosciuto. Assaporo l’oliva di guarnizione del mio drink e ammiro il cielo rosa fenicottero. Da quassù, se volessi, potrei anche addentare le nuvole.
L’ultima cena è da “Bang Bang“, un nuovissimo ristorante giapponese eclettico ed intrigante, sembra uscito da un film di Quentin Tarantino. Il soffitto è ornato con giganti lampade in carta di riso dalle fantasie psichedeliche.
Chiaccheriamo, mangiamo, ripercorriamo le nostre tappe. Da Seattle (leggi qui l’articolo), abbiamo macinato miglia, scoprendo storie, paesaggi, persone. L’America ti regala quella sensazione preziosa che tutto sia possibile. La serbo stretta per il rientro, come una monetina portafortuna.
DRITTE TAKE AWAY
Dove ho dormito
Inn at Sunset Cliffs – romantico, vista Oceano
HI San Diego Downtown – ostello di design nella downtown di San Diego
Ristoranti consigliati
Bang Bang – giapponese eclettico (uno dei più buoni della mia vita!)
Sevilla – spagnolo
Sky Bar (sorseggiando buoni cocktail tra le nuvole)
Altitude Sky Lounge, Mariott Hotel
RoofTop 600, Andaz Hotel
Lounge Six, Solamar Hotel
Da vedere
§ Tramonto sui Sunset Cliffs
§ Vecchio faro di Point Loma
§ Isola di Coronado
§ Quartiere La Jolla
§ Quartiere Gaslamp (centro ‘storico’)
§ Litte Italy
§ Balboa Park
Tappa gourmand
MooTime Creamery – gelateria in stile Anni ’50
On the road
Legoland
Outlet a Carlsbad – tappa obbligata per gli shopaholic e per comprare abiti dei brand più famosi ad ottimi prezzi
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Pasadena e Orange County | oltreilbalcone
Febbraio 23, 2016 at 2:48 pm[…] Santa Barbara e Death Valley San Diego → by Corinna Agostoni | settembre 4, 2013 · 1:55 am ↓ Jump to […]